AL CHIARO DI LUNA

 

Ne eri certo: ti avrebbe raggiunto. E in quel momento non ci sarebbe stato scampo. Avevi intuito che voleva te fin dal primo momento. E ti eri dato alla fuga. Ti eri inutilmente allontanato dal paese sperando di far perdere le tracce, rifugiandoti in ciò che restava del vecchio mulino abbandonato giù vicino al torrente. Seduto tra le erbe alte, avevi appoggiato la schiena al muro attendendo con gli occhi chiusi che il respiro affannoso rallentasse. Avevi poi guardato il cielo e sentito sulla pelle quell’aria fresca e umida tipica del pomeriggio. Poi quel fruscìo quasi impercettibile, quel lieve rumore di passi ad avvisarti che era lì, tenace ed implacabile nella sua ricerca.

Il cuore riprese a battere forte, mentre le gambe sembravano un’entità autonoma che aveva ripreso a correre.

Attraversasti il torrente: speravi che quell’acqua gelida servisse a confondere le tracce, ma sapevi, nel profondo di te, che non sarebbe stato così.  Fu in tal modo che ti ritrovasti al margine del bosco, fitto ed oscuro, luogo di salvezza o di perdizione. Vi t’immergesti a capofitto, uscendo subito dal sentiero ed inerpicandoti tra le felci e gli arbusti; i rami, che senza pietà ti graffiavano e staffilavano le mani e il viso, potevano risultare chiari indizi per ritrovarti e pertanto ti eri imposto di procedere con cautela. Così avevi saltato un piccolo avvallamento, ti eri arrampicato su di un tronco ceduto, eri strisciato tra due giganteschi massi in gran parte ricoperti di muschio e, finalmente, avevi chiuso gli occhi. Ed ora eccoti lì, destato all’improvviso da uno scricchiolio sospetto. Senti tutti i muscoli che si irrigidiscono, mentre un’ondata fredda ti drizza i peli fin dalla radice. Dal tuo nascondiglio cerchi di carpire anche la minima presenza, ma da quella posizione non ti è possibile.

Crack. Un altro rumore… allora c’è qualcuno! Concentrandoti come non mai, cominci lentamente a spostarti, centimetro dopo centimetro, cercando di mantenere la protezione dell’erba alta. Dopo un po’ riesci ad uscire con la testa per poter così sbirciare la piccola radura. Emetti un respiro profondo, lento ed interminabile, poi un altro, finché non ritorni padrone di te stesso. Allora, con una lentezza esasperante, ti volti verso il punto dal quale era giunto il rumore: non vedi nulla, se non un intrico di alberi e arbusti, ma senti che c’è qualcuno. …o qualcosa. Poi scorgi un’ombra, qualcosa di indistinto che si aggira tra i rami, cerchi di aguzzare la vista quando, con uno schianto, irrompe innanzi a te. Il respiro ti manca ed il cuore ti martella in gola squassandoti tutto. Poi, dapprima sommessamente, in seguito sempre più forte, cominci a ridere. Lo splendido cervo reale che ti sta davanti sembra guardarti con fare divertito, ma, d’improvviso, con uno scarto se ne va.

Ormai sei uscito nella radura, rinfrancato nello spirito, ti siedi e cominci a respirare l’aria frizzante che ti circonda. Ti guardi intorno: non c’è nessuno. Guardi in alto: il sole sta cedendo al crepuscolo e già qualche stella appare nel cielo ancora azzurro. Sarà meglio affrettarsi – pensi – prima che faccia buio. Ti alzi e, istintivamente, tendi le braccia arcuando la schiena: sei allegro, quasi euforico per lo scampato pericolo. Getti un piccolo e breve yahoo di gioia, al quale fa eco un sordo rumore di rami spezzati. Ti irrigidisci di colpo: senti un altro scricchiolio, poi un altro. Non c’è dubbio: sono passi. Ti sei stupidamente scoperto e così ti ha trovato. Lo sapevi che, prima o poi, ti avrebbe raggiunto! Non resta che riprendere la fuga, l’affannosa fuga, la disperata fuga.


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  © Paolo Mameli